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Bimota: storia della rinascita di un marchio italiano

Grazie all'acquisizione da parte di Kawasaki, risorge la prestigiosa azienda riminese, simbolo dell'eccellenza italiana nel mondo

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  nuova Tesi 2019

Il primo frutto del matrimonio tra Bimota e Kawasaki è stato presentato ad Eicma 2019: si tratta di una muscolosissima Tesi mossa dal 4 cilindri di 998 cc. sovralimentato in dote alla Kawasaki H2. La rinascita del glorioso marchio romagnolo inizia dunque da qui: e progettazione, sviluppo e produzione dovrebbero rimanere a Rimini, non solo per rimarcare l’importanza del passato, ma anche per godere della vicinanza della Motor Valley che tutto il mondo ci invidia e che evidentemente potrebbe esprimere tutte le positività che un distretto industriale così specializzato offre.

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  Impeto 2015

A questo punto è lecito quindi immaginare un pronto rilancio di Bimota, che non dà particolari tracce di sé dal 2015, anno in cui fu tra le protagoniste di EICMA di quell'anno presentando la Impeto, una naked che montava il motore della Ducati Diavel che però rimase solo un prototipo mai andato in produzione.
Un passato splendente quello della Bimota, ancora presente nel cuore di moltissimi appassionati per aver creato dei veri e propri gioielli capaci di incrementare, a volte notevolmente, dinamica e prestazioni delle moto di derivazione.
Già il nome Bimota è evocativo, essendo l’acronimo dei nomi dei tre fondatori: Bianchi, Morri e Tamburini. Un’azienda nata nel 1966, ma allora ancora distante dalle moto, essendo operativa nel settore degli impianti di riscaldamento e condizionamento.

 

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  MV Agusta 600 Turismo 4C 6 1971

La prima moto creata fu una special su base MV Agusta 600 Turismo 4C 6 (era il 1971) anche se oggi si ricorda probabilmente con più entusiasmo l’indimenticabile HB1 del 1975, la moto che Tamburini disegnò su base Honda CB 750 e che venne prodotta in 10 esemplari.
Ma se c’è un modello che forse più di ogni altro può rappresentare la volontà di innovazione dell’azienda riminese, è la Tesi 1/D, rivoluzionaria stradale che adottava un forcellone bibraccio all’anteriore in sostituzione della tradizionale forcella telescopica. Una moto il cui sviluppo, iniziato nel 1983 con motorizzazione Honda VF400F, terminò con la versione omologata del 1990, spinta dal desmoquattro Ducati 851.
Dopo il fallimento del 2001, nel 2003 rinasce grazie all’imprenditore milanese Roberto Comini il quale poi la cederà nel 2013 a due imprenditori svizzeri, Chiancianesi e Longoni. Anni bui questi ultimi, se si esclude la presentazione ad Eicma 2015 della Impeto, bella naked spinta dal bicilindrico della Ducati Diavel (era prevista anche una versione sovralimentata) purtroppo mai andata in produzione. Peraltro non era nemmeno un mistero che Chiancianesi e Longoni fossero interessati alla vendita dell’azienda, opportunità prontamente colta dalla Kawasaki.
Bimota si prepara dunque a tornare sul mercato, ma parlando giapponese. Ma come saranno le moto Bimota del futuro? E' ancora prematuro ipotizzarlo, ma ci piace pensare a progetti molto avanzati ed innovativi, ovviamente spinti da propulsori Kawasaki, magari costruiti in serie limitata e personalizzabili secondo le richieste dei fortunati proprietari.