La famiglia 250 GT è una tra le più prolifiche dell’intera produzione Ferrari. Il primo modello fu presentato al Salone di Parigi del 1954 e conquistò l’immediato interesse del pubblico. La sigla GT (Gran Turismo) divenne moda e simbolo di una certa maniera di concepire l’auto: potente, sportiva, veloce, in grado di ridurre drasticamente i tempi di viaggio da una capitale all’altra di un’Europa occidentale non più divisa dalla guerra.
Nel 1958 Ferrari propose una versione alleggerita della 250 GT destinata alle competizioni. Disegnata da Pinin Farina e allestita da Scaglietti a Modena, trionfò al Tour de France acquisendone il nome. Sulla meccanica della 250 GT Berlinetta fu allestita anche una spider di successo, la California, destinata a diventare un classico senza tempo. Nel 1959, Pinin Farina firmò la 250 GT Convertibile II dal carattere prettamente stradale e con una linea più sobria rispetto alla California. Fu però nel 1960 che il geniale carrozziere torinese, dopo aver cambiato ufficialmente nome in Pininfarina, realizzò quella che divenne una pietra miliare nella storia della produzione Ferrari: la 250 GT 2+2, prima quattro posti di serie realizzata dalla Casa di Maranello. Precedentemente erano già state prodotte vetture a quattro posti, ma quelli posteriori, dato l’angusto spazio, erano utilizzabili solamente da bambini. Per aumentarlo, Pinin Farina impostò il progetto basandosi sul telaio della 250 GT Coupé, con passo di 2600 mm, ma allungò il corpo vettura di 300 mm e allargò la carrozzeria di 60 mm. Allo scopo, il motore fu avanzato di 200 mm e il telaio ridisegnato. Nonostante tali modifiche, il peso subì un incremento di soli 80 kg. Il risultato fu una vettura dalla linea estremamente elegante e aerodinamicamente all’avanguardia. Il propulsore era un classico 3 litri, dodici cilindri disposti a V con apertura di 60 gradi, in grado di erogare una potenza massima di 235 cavalli a 7.000 giri/min. L’alimentazione veniva assicurata da tre carburatori a doppio corpo. Frizione a secco e cambio a quattro marce sincronizzate e silenziate, più demoltiplicatore automatico che fungeva da quinta velocità, un vero e proprio overdrive da impiegare in autostrada per rendere la marcia veloce e rilassante. L’impianto frenante si avvaleva di dischi sulle quattro ruote e il peso a vuoto era di 1310 kg. La velocità in quarta in presa diretta era di 217 km/h. Ma, con il demoltiplicatore, si sfioravano i 230 km/h. Prestazioni di tutto rispetto che ponevano la 250 GTE al top delle Gran Turismo dell’epoca e contribuirono a determinarne il successo tra una clientela ricca e cosmopolita, affascinata dalla possibilità di avere una vettura stradale strettamente imparentata con le Ferrari, che dominavano in quegli anni la categoria Gran Turismo. Non è un caso che la 250 GT 2+2, anche nota come GTE, dal tipo di propulsore adottato, il 128 E, non fu presentata in anteprima a un salone dell’auto, ma consegnata per un giro di prova al direttore di gara della 24 Ore di Le Mans. La vocazione di auto di classe superiore veniva ribadita negli allestimenti interni, con selleria realizzata in pelle Connolly e gli strumenti incastonati in corone cromate. La gamma colori prediligeva livree metallizzate in luogo del troppo appariscente rosso Ferrari, poco gradito alla clientela con scarsa vocazione sportiva. Elegante e ben rifinita, fu utilizzata sovente anche da Enzo Ferrari come vettura personale. Uscì di produzione nell’autunno del 1963, dopo circa mille esemplari allestiti in varie serie. I superstiti, conservati o restaurati, sono ambiti pezzi da collezione.